Mentre leggo – e scrivo – a proposito della determinazione, imparo che – secondo il filosofo greco Aristotele – l’uomo è un organismo teleologico (teleos, obiettivo). Per questo, ogni azione umana è tesa verso uno scopo. Ed ecco che inciampo in questa poesia che forse proprio bella non è, con la sua roboante enfasi di fine Ottocento, ma è una coincidenza formidabile e – come direbbe Cloilla – “ci sta”.
Invictus
Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.
In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.
Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.
It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.
Invictus è anche il titolo del film diretto nel 2009 da Clint Eastwood, intitolato durante la lavorazione The Human Factor. Nel corso del film la poesia è recitata da Nelson Mandela.